TFR: inflazione e costo per l'azienda
di Enrico Zuccato | pubblicato il 1 ottobre 2022
Il decreto n. 252/2005 sui fondi pensione consente ai dipendenti di conferire alla previdenza complementare il TFR. Le aziende, che guardano al TFR erroneamente come ad una forma di autofinanziamento, solitamente cercano di scoraggiare l’adesione dei dipendenti ad un fondo pensione, essendo visto solo come la perdita delle risorse accantonate annualmente.
E’ importante specificare che il TFR, ovvero il Trattamento di Fine Rapporto, è denaro dei dipendenti, e non dell’azienda. Infatti, per le imprese, l’accantonamento del TFR rappresenta sia un costo, deducibile dal reddito di impresa, sia un debito nei confronti dei propri lavoratori, da onorare al momento della cessazione del rapporto.
La domanda più ricorrente sull'argomento riguarda la convenienza o meno di tale scelta. Vorrei, quindi, chiarire i vantaggi che le stesse aziende avrebbero nel trasferire il TFR in un Fondo pensione.
Il conferimento del TFR ad un fondo pensione non è penalizzante per l’azienda, anzi, quest’ultima, può ricavarne diversi vantaggi economici (finanziari e contributivi). Infatti, sono state predisposte delle misure compensative in modo tale da rendere vantaggiosa la rinuncia a tenere il TFR in azienda.
Ecco allora, i vantaggi sintetizzati di cui beneficerà l’azienda i cui dipendenti aderiscono ad una forma di previdenza complementare.
1) Benefici fiscali
Il TFR annuo destinato alla previdenza complementare si può dedurre dal reddito d’impresa del 104% se l’azienda ha almeno 50 dipendenti, del 106% se ne ha meno. Questo significa che un’impresa che deve accantonare 20.000 l’anno di TFR, se ha meno di 50 dipendenti, può dedurre 21.200 € di costi.
2) Esonero dalla rivalutazione obbligatoria
La quota di TFR destinata al fondo pensione è esonerata dall’obbligo di rivalutazione. Non si tratta di un piccolo beneficio! Il TFR, infatti, ogni anno deve essere rivalutato sulla base del cosiddetto “coefficiente di rivalutazione” (legge 2120 del C.C.). Il coefficiente si determina calcolando il 75% della differenza in percentuale tra l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (3/4 del tasso di inflazione) del mese di dicembre dell’anno precedente e quello del mese in cui si effettua la rivalutazione, e si somma il risultato ad un tasso fisso stabilito per legge nella misura dell’1,5%.
Per capire a quanto possono ammontare questi costi per un’azienda facciamo un esempio, ed ipotizziamo che un'impresa 5 anni fa abbia accantonato un TFR per 100.000,00 € e che ogni anno ne accumuli altri 20.000,00.
L’impresa, come si può vedere dal grafico sottostante, ha sostenuto costi per € 16.939,98 solo a titolo di rivalutazione.
L’inflazione da alcuni mesi sta avendo un andamento al rialzo e le aziende dovranno, quindi, sostenere un costo davvero importante in bilancio.
L’indice Istat per agosto è 113,2. La differenza in percentuale rispetto a dicembre 2021, su cui si calcola il 75%, è 6,59: risultato 4,94. Ad agosto il tasso fisso è 1. Sommando 4,94 e 1 si ottiene il coefficiente di rivalutazione: 5,94. (Fonte IlSole24Ore).
Nel mese di agosto 2022 l’indice di rivalutazione è, quindi, salito al 5,94%, ciò vuol dire che ogni 1.000,00 euro depositato in azienda dovrà essere rivalutato di 59,4 euro (su 100.000,00 rivalutazione TFR per 5.940 €).
3) Benefici contributivi
Le imprese che destinano il TFR nei fondi pensione sono esentati dal versamento dello 0,20% del monte retributivo a titolo di versamento al Fondo di Garanzia INPS e possono beneficiare di una riduzione dello 0,28% sugli oneri impropri da versare all’INPS, come gli oneri versati in occasioni di malattia, maternità e versamento di assegni per il nucleo familiare.
Pensiamo per esempio a una piccola impresa con un monte retributivo di € 300.000 che in questo modo risparmierebbe 840 € l’anno!
Le contribuzioni a carico del datore di lavoro vengono dedotte dal reddito di impresa e sono soggette al solo versamento di un contributo di solidarietà del 10%;
Inoltre, in caso di adesione collettiva, ossia tramite accordo plurimo tra i lavoratori ed il proprio datore di lavoro, la stessa garantisce al datore di lavoro di semplificare la gestione amministrativa del versamento dei TFR dei dipendenti aderenti e ottimizzare il costo del personale.
È certamente vero che la legge istitutiva dei fondi pensione ha privato le aziende di un’importante forma di autofinanziamento, ma è altrettanto vero che sono state create delle forme di compensazione, sia sotto forma di benefici fiscali sia contributivi, che compensano ampiamente la sottrazione di tali risorse, almeno per le aziende sane che possono sopperire a tale mancanza attraverso altre forme di finanziamento, sia interne che esterne all’azienda, a costi molto più bassi.
Infatti, tali aziende beneficeranno appieno dei vantaggi sopra elencati, anche se devono ricorrere al credito bancario, che ha comunque tassi inferiori.
Le aziende in perdita, invece, non potranno sfruttare i benefici fiscali ma godranno comunque di quelli contributivi e della mancata rivalutazione del TFR, per cui i benefici saranno finanziariamente solo leggermente inferiori, ma in questo caso andrà valutata la capacità di ricorrere a forme alternative di finanziamento.
Oltre ai vantaggi per l’azienda devono essere considerati anche gli enormi benefici fiscali per il lavoratore che decide di destinare la “liquidazione” ad un fondo pensione.
In questo momento storico è importante pertanto valutare tutti gli strumenti a disposizione delle aziende per non far gravare ulteriori oneri sul bilancio aziendale.